Oikia srl

Arrigo e Germano

Noi siamo nati in questa casa.
Io, Arrigo, classe 1928 al piano di sopra e Germano, classe 1934, al piano di sotto. Eravamo ragazzi allora.

Nostro padre Giovanni Giai Levra, classe 1899, era direttore della manifattura di Giaveno. Finito il suo mandato, decise di aprire le telerie in Piazza Molines, dove poi ci fu la bottiglieria Boffa. Lì vendeva tessuti per la casa, ma soprattutto per confezionare vestiti... chè una volta non c’erano i negozi di abiti già fatti. Fu uno dei ragazzi del ’99, gli ultimi ad essere richiamati a Chivasso nella caserma degli alpini per allenarsi a sparare per la guerra.
Un ringraziamento speciale ad Arrigo e Germano Giai Levra per i racconti che ci hanno donato, con un entusiasmo e una vitalità contagiosa. Soprattutto per le foto anche se, come dice Arrigo, “...c’è un tempo per le foto e il mio è già passato da parecchio”. Germano è assicuratore e vive a Giaveno. Arrigo vive a Torino. Entrambi sono diventati nonno e prononno di Clementina, 6 mesi, felici in una famiglia di quasi tutti maschi. Gennaio 2015

Germano

Durante gli anni trenta al piano terra c’era l’officina meccanica di Enrico Taverna. Taverna riparava i “cartun”, i carri trainati dai cavalli, e gli utensili per lavorare la terra.

Con il tornio e la troncatrice faceva tremare i muri. Taverna era specializzato nella riparazione delle “sloire”, le lame degli aratri e le ruote dei carri, e faceva gli stampi dei mattoni per la fornace della Buffa dei Maritano. Io, Germano, volevo lavorare con lui, ma Taverna per togliermi di torno mi mandava a prendere una scatola di Popolari, le sigarette di allora, e io filavo lungo il vicolo di Via Sclopis e raggiungevo Piazza Claretta dove c’era la tabaccaia. Non era un carrozziere per auto. Allora non c’erano vetture o automobili. A Giaveno solo poche persone avevano la macchina: il podestà, il Dottor Bressi, la Signora Schioppo, la signorina Prever della fabbrica Prever che lavorava la iuta e Montaldi, il veterinario.

Questa casa negli anni della guerra era prima di tutto un rifugio per noi ragazzi che giocavamo nel cortile. Era collegato all’esterno da tanti passaggi per lo più sconosciuti agli altri, soprattutto ai tedeschi e ai repubblicani.

Infatti non si rendevano conto dei collegamenti nascosti del paese e quando vedevo l’autoblindo scappavo subito dentro e in un attimo ero a casa. Dal vicolo S. Cecilia raggiungevo la corte d’un fiato e tante volte è stata per noi la salvezza. Non fu così nel ’44 per i dieci prigionieri dei tedeschi durante i rastrellamenti che furono portati in Piazza Molines. Taverna si arrampicò sul tetto dall’interno della casa.. fece appena in tempo a vederli fucilare e poi dallo spavento scivolò giù dal tetto, infilzandosi un gancio nel fondoschiena che ci vollero dei giorni prima di guarire. Tanti venivano a Giaveno, lasciando la casa di Torino, e sfollavano in luoghi più sicuri ai bombardamenti. Ricordo uno di loro fu Joannes quello dei bruciatori.

Arrigo

Io nel trenta ero ragazzo e mi posso ricordare. Germano no era piccolo! Qui c’era una topia, il vialetto come si dice in piemontese e qui davanti era tutto un giardino e c’era una pergola, una struttura con quattro colonnine dove crescevano le viti… il primo che arrivava in cima aveva il diritto a mangiare l’uva. Io vincevo sempre. Era uva bianca, davvero speciale o almeno a noi sembrava così. Nemmeno Dalmassi il mio compagno del Pacchiotti dei Fratelli delle Scuole Cristiane, bravissimo alle pertiche, riusciva a battermi. Moriva d’invidia. Al piano terra in Casa delle Rose c’erano gli appartamenti del colonnello dell’esercito con l’ufficio per organizzare i soldati. Al primo piano nella casa con l’arco abitava l’avvocato Scaletta con sua moglie.

Al secondo piano quella che oggi è Casa Blu viveva prima della guerra negli anni ’34-36 Montaldi il veterinario. Lui era veramente uno spasso. Stimatissimo medico, era tanto bravo nel suo lavoro quanto smemorato.

A quel tempo girava tutte le montagne perché ognuno in casa aveva almeno un vitello e soprattutto veniva chiamato a qualsiasi ora delle notte. Succedeva allora che dopo le chiamate non si ricordava più dove aveva messo la macchina. Allora una volta tornato a casa, toccava a noi ripartire di nuovo alla ricerca dell’auto tra le borgate.
Al piano primo della casa con i ballatoi abitava il geometra Usseglio Riccardo con le tre figlie Anna, Carla e Marisa. Al secondo piano in Casa delle Volte abitava Arcobello. Era l’autista dell’ingegnerequello che aveva la fabbrica di tappeti in Egitto e veniva a Giaveno in estate nella sua Villa di Via Cumiana. Arcobello usciva di casa con la livrea, la sua uniforme d’autista. Ma durante l’inverno teneva il cane del suo padrone, un enorme San Bernardo che quando nevicava era pazzo dalla felicità. Al terzo piano, in Casa del Belvedere abitava Enrico Taverna con sua sorella, la madama Taverna. Se fosse sposata o cosa non ricordo più